
Aisling, parola gaelica che significa visione, è un brano che esplora come un celta dell’Età del Ferro avrebbe percepito l’arte: non come ornamento effimero, destinato a svanire, ma come qualcosa di eterno, intimamente connesso alla spiritualità, ai riti funebri e al passaggio delle anime nell’aldilà. In un mondo privo di scrittura diffusa, la conoscenza e la memoria collettiva trovavano voce nella tradizione orale e nelle forme artistiche, lasciando segni destinati a superare il tempo.
Il brano riflette questa concezione attraverso una fusione di linguaggi musicali: sonorità folk, con l’uso di strumenti antichi e suggestivi come percussioni tribali e morin khuur (il cui timbro potrebbe richiamare strumenti proto-celtici come il crwth), si intrecciano con l’orchestra sinfonica e con l’energia del metal.
La voce femminile, intensa e virtuosistica, unisce energia e malinconia, alternandosi nei bridge con una voce maschile. Il ritornello “Our works will never fade” diventa dichiarazione di intenti e cuore concettuale del brano: ciò che nasce da arte, conoscenza, cultura o spiritualità non muore mai, ma vive come impronta eterna nel tempo e nella memoria.